giovedì 7 gennaio 2010

IVG…a Pescara.

Cercando dati dal web sui servizi sanitari in Abruzzo, mi sono imbattuto in una “voce” all’interno di un forum che mi era sembrata incredibile.
La riporto tout court:

“IVG a Pescara

ho appena tel al consultorio e mi hanno detto di telefonare all'ospedale x prendere l'appuntamento.
Qualcuna di voi l'ha fatto a Pescara, non so se mi conviene andare in qualke altro ospedale....” postato da Chery84 in al femminile.com.

Mi era sembrato impossibile: il consultorio è il servizio specificamente deputato ad accogliere e seguire le donne nella drammatica scelta di interrompere una gravidanza.

La struttura ospedaliera esegue l’atto “chirurgico”, può e deve avere una sensibilità particolare rispetto alla particolarità della problematica dell’aborto, ma strutturalmente e funzionalmente non può svolgere una funzione di prevenzione e di follow-up, non ha la possibilità, anche volendo, di offrire sostegno alla donna che è di fronte ad un problema così delicato.

Il post era del maggio 2007 e mi son detto: a distanza di un po’ più di due anni sarà cambiato tutto.

Sul sito della AUSL di Pescara si segnalano 16 consultori distribuiti sul territorio della provincia, 3 nella città di Pescara, con una nutrita presenza di ginecologi, pediatri, medici di base, psicologi, avvocati, infermieri, assistenti sociali e ostetriche; in tutto una sessantina di operatori.

Proviamo!

La mia amica e collega Maria, con cui a volte discuto delle cose che vado scrivendo su questo blog, si è resa disponibile a sondare un paio di quei Consultori. Risultato?

“Deve rivolgersi al servizio ospedaliero…no, non ho il numero a portata di mano, ma lo trova sull’elenco telefonico…non si preoccupi pensano a tutto loro, le faranno anche il controllo dopo l’interruzione”.

E tutto il resto? Il supporto? L’informazione e l’educazione? Tutto quello che serve per evitare che, magari tra qualche tempo la cara Maria-finta-gravida-che vuole-abortire non si ritrovi d’accapo gravida-che-vuole-di-nuovo-abortire? E tutto quello che serve per capire perché una donna vuole abortire? E tutto quello che serve per aiutare a risolvere i problemi che hanno portato una donna ad abortire?

Chi lo fa?

Allora io e Maria siamo andati a cercare qualche dato sull’argomento:

a Pescara nel 2006 solo lo 0,24% dei certificati di interruzione di gravidanza, cioè la documentazione che rende praticabile l’IVG, viene rilascato dai consultori, 2 su 827 aborti, 11 (l’1,33%) dal medico di fiducia della donna, gli altri (813 cioè il 98,31%) sono stati rilasciati dalla struttura ospedaliera. Cioè né prevenzione, né educazione, né supporto.

Poi scorrendo le tavole dei dati troviamo che i casi di aborti ripetuti sono oltre il 30%, buoni 4 punti in più della media nazionale, più o meno il doppio rispetto alle altre province della regione, ma anche tra i disvalori più elevati in confronto a quasi tutto il territorio nazionale, anche quando si confronta con realtà ben più complesse e problematiche.

Viene allora da chiedere: ma cosa fanno i consultori?

Maria-finta-gravida-che-non-vuole-abortire ha deciso di volerci vedere chiaro e penso non sarà inutile approfondire. A presto!

2 commenti:

Anonimo ha detto...

sono l'assistente sociale del C.F. di Penne; mi chiamo Valeria Rosati. Naturalmente quello che hai scritto mi ha fatto riflettere (oltre che farmi venire i brividi).
Per i consultori, tuttavia, non è possibile fare di tutt'erbe un fascio. Non solo perchè essi hanno tra le loro finalità istituzionali quella di rispondere alle esigenze del territorio nel cui ambito operano (così il Consultorio di Penne, al di là dei programmi comuni, ha delle peculiarità che lo distinguono, ad es. da quello di Montesilvano), ma anche perchè i professionisti che vi operano spesso adottano comportamenti differenziati pur di fronte al medesimo problema. Personalmente sono d'accordo con te e con Maria finta gravida (per fortuna!) ma lascia che ti dica un'ultima cosa riguardante i dati che citi: le donne (anche quelle non "respinte")il più delle volte si rivolgono direttamente al medico ospedaliero, vuoi nell'illusione di risparmiare tempo, vuoi nella certezza che tanto l'intervento lo dovranno fare per forza lì! D'altro canto in un momento così drammatico ( e lo è per TUTTE), quando sembra che non esistano alternative, quando la decisione si fa irremovibile e il dolore diventa ulteriore impulso alla fretta di finire e ricominciare a vivere, poche donne, purtroppo, avvertono il desiderio di un colloquio, di una visita in più, di un raccontarsi per poi raccontarsi di nuovo.
E allora? per me dovrebbe esistere e divenire operante la collaborazione tra ospedale e territorio indispensabile non per ... rimbalzarsi la paziente, ma per condividere finalità, modalità, prospettive. In un' ottica di condivisione e cooperazione infatti il personale consultoriale potrebbe "accompagnare" la paziente alla prima visita in ospedale e il medico ospedaliero, magari ad intervento già effettuato, potrebbe consigliare alla paziente di rivolgersi al Consultorio per la contraccezione, per i colloqui di approfondimento, per una corretta prevenzione.
Non so, forse neanche questa è la "SOLUZIONE", le statistiche forse resterebbero le stesse, ma io lavoro con le persone e sono abituata ad accontentarmi anche di una piccola politica di ... riduzione del danno! Ti ringrazio comunque per l'opportunità di fermarmi a pensare che mi hai offerto. A volte il fare diventa così predominante che il pensare a fare passa in seconda linea! Ti saluto cordialmente Valeria

Enoc/h ha detto...

Provo a fare qualche altra considerazione sulla base delle cose che hai scritto.
La prima è che con piacere noto che, da operatrice, manifesti una sensibilità che ti ha permesso di comprendere che il post non voleva essere un modo di attaccare un servizio ed i suoi operatori, ma un tentare di riflettere. E', secondo me, una cosa bella e buona!
Questo ovviamente non toglie che i problemi ci siano e rimangono e per questo ti dico come la penso.
E' vero, di fronte ad una scelta come quella dell'aborto, arriva il momento in cui a noi donne sembra che il tempo si sia ristretto: abbiamo paura di non fare più in tempo. Questo è sicuramente vero, ma rifletti, ciò spesso avviene perchè abbiamo prolungato in tutti i modi possibili ed abbiamo rubato tutto il tempo possibile prima di arrivare alla decisione. Magari avremo fatto finta di non capire di essere in cinta, forse avremo parlato e riparlato con noi stesse, magari avremo cercato di rendere il più possibile "innocua" la scelta o di trovare un motivo per farne una diversa.
E' in questa fase che viviamo la solitudine più nera!
Penso che in questa fase una donna debba potersi accorgersi dell'esistenza di consultori in grado di offrire un sostegno.
In tutti i documenti che parlano dei consultori trovo i termini "offerta attiva", cioè i consultori non solo hanno porte aperte, ma hanno per definizione il compito di stare "fuori dalla porta", si fanno vedere e si offrono. Forse è quello che manca!?
Faccio poi un'altra considerazione: è giusto non fare di tutte le erbe un fascio e che ogni professionista ha proprie caratteristiche, modalità comportamentali e sensibilità; è vero anche che ogni consultorio deve "aderire" al proprio territorio ed ai bisogni dei cittadini di quel territorio. Ma ciò non toglie che la risposta ad un bisogno venga dato non in rapporto "agli umori", ma sulla base di un codice di comportamento di un servizio a sua volta basato su precise evidenze scientifiche, nonchè sull'etica di quei professionisti. Sono anch'io un'operatrice sanitaria, ospedaliera, e dirai che è diverso, ma anch'io ho tante persone, tutte diverse al di là della loro malattia, da assistere e so che quando con i miei colleghi riusciamo a trovare un filo comune di comportamento, la qualità del nostro lavoro ne guadagna. E guadagnano anche quei cittadini malati.
Cordialmente, Maria-che-non-vuole-abortire-di-nuovo.