mercoledì 16 dicembre 2009

Assistenza Domiciliare…ovvero il fantasma della sanità abruzzese.

Qualche anno fa, l’Agenzia Sanitaria Regionale ha effettuato un censimento delle risorse disponibili per le cure domiciliari. Il risultato era sorprendente poiché mostrava perfettamente l’inadeguatezza del Sistema regionale.

Se cronicità e disabilità sono terreni fondamentali sul quale porre una attenzione particolare sarà ovviamente indispensabile realizzare investimenti o, comunque, una riallocazione di risorse che possano rendere efficaci gli interventi in questo ambito, non sottovalutando fra le potenzialità di un efficace sistema di cure domiciliari anche in rapporto alla possibilità, attraverso un sistema di dimissioni protette, di incidere sulle degenze ospedaliere.

L’indagine conoscitiva presentata dall’ASR, mostrava un Sistema delle Cure Domiciliari relegato ad un ruolo assolutamente marginale, dal punto di vista quantitativo e qualitativo.

Sia il numero dei pazienti assistiti che le risorse impegnate costituiscono un dato da cui non si può prescindere nel fare una valutazione della situazione, così come non si può non considerare che la parzialità dei dati raccolti non permette di definire quale sia il bisogno di assistenza che emerge sul territorio abruzzese.

I dati, compresi quelli raccolti dall’Osservatorio Epidemiologico Regionale, non chiariscono quale sia, dal punto di vista della qualità, delle caratteristiche, del tipo, la domanda avanzata dai 17.760 casi seguiti nel corso dell’anno 2005, né ciò che rimasto eventualmente inespresso sul territorio (si consideri che la popolazione ultrasessantacinquenne nella regione conta circa 260.000 unità a cui vanno aggiunti i pazienti con meno di 65 anni che necessitano di cure domiciliari per disabilità e perdita dell’autosufficienza permanente o temporanea). E’ però significativo che ben 6.893 di quei casi sono stati catalogati come ADP (Assistenza Domiciliare Programmata), la forma meno impegnativa dal punto di vista assistenziale, prevedendo il solo intervento del Medico di Medicina Generale (per intenderci il “medico curante” del paziente) con funzioni di controllo e monitoraggio della condizione clinica, prescrizione e attivazione di accertamenti specialistici.

L’Osservatorio rileva che le patologie più diffuse sono quelle da cui derivano più alti livelli di disabilità: artrite, ipertensione, diabete, con le frequenti complicanze correlate e che nel corso dell’anno 2005 l’accesso alle cure domiciliari è caratterizzato da condizioni che richiedono prevalentemente interventi assistenziali infermieristici e riabilitativi: la terminalità, le fratture negli anziani, gli incidenti vascolari costituiscono oltre il 50% della casistica.


Il censimento dell’ASR individuava le risorse impegnate sul territorio distinguendo il personale dipendente del SSN e quello proveniente da “esternalizzazioni”.

“Le figure professionali del SSN, a tempo indeterminato, che compongono il servizio erogante le prestazioni domiciliari sul territorio regionale risultano essere: l’infermiere professionale (104 operatori), altri medici specialisti (90), il medico di distretto (38 operatori), l’assistente sociale (25 operatori), la caposala (19 operatori) ed altre di minore presenza.


Le figure professionali a contratto, a tempo determinato, che erogano il servizio sul territorio regionale sono principalmente: l’infermiere professionale (19), altri medici specialisti (11) e il terapista della riabilitazione (6) ed altre.


Le figure professionali, che provengono da un servizio in appalto e erogano il servizio sul territorio regionale, sono in maggior misura: l’infermiere professionale (78 operatori), l’ assistente domiciliare (42 operatori) e il terapista della riabilitazione (26 operatori”.


Sono evidenti alcune debolezze.

Considerando quanto detto relativamente al bisogno di assistenza infermieristica che appare prevalente per la popolazione che dovrebbe essere assistita, le risorse disponibili appaiono evidentemente insufficienti a fornire qualità e quantità adeguata di assistenza.

I 78 infermieri impegnati attraverso appalti con società private, erano costituiti nella grandissima parte da neolaureati con scarsa o nessuna esperienza di lavoro, che solo transitoriamente ed in attesa di opportunità occupazionali più vantaggiose, accettavano di svolgere una attività che, anche in virtù di capitolati che poca attenzione pongono agli aspetti qualitativi e soprattutto si basano su gare svolte sul criterio del “minor costo”, sono molto poco gratificanti e vissuti come del tutto transitori.

Quanto al personale infermieristico dipendente del SSN, il documento dell’ASR chiarisce che in buona parte era condiviso con altre attività distrettuali per cui il calcolo relativo alle persone equivalenti, considerando cioè l’effettivo tempo impegnato in assistenza domiciliare, corrispondeva a circa il 50% effettivo del tempo di lavoro.

Quindi l’offerta assistenziale regionale, quanto a cure domiciliari consisteva, nel 2005, in 26 terapisti della riabilitazione e 130 infermieri effettivi su tutto il territorio regionale.

Dal 2005 ad oggi non sono stati fatti aggiornamenti regionali di questi dati, ma vista la contrazione generale di risorse umane a carico del SSN, non credo che queste risorse siano cresciute, piuttosto c’è da pensare al contrario. E’ però necessario incominciare a porsi seriamente il problema di come poter incrementare il numero degli operatori di assistenza e riabilitazione da investire sul territorio.

In questo senso sarebbe importante che i processi di riorganizzazione del sistema sanitario regionale ed il dibattito che dovrebbe realizzarsi intorno a tali processi, non dimentichi per l’ennesima volta di affrontare il problema della realizzazione di una valida rete di servizi assistenziali territoriali. Su questo terreno anche la “politica” potrebbe trovare la soluzione alla domanda del che fare delle risorse attualmente immobilizzate nei piccoli ospedali e nelle case di cura in crisi e, insieme, a realizzare qualche passo in avanti nella risposta a bisogni tutt’ora inevasi dei cittadini abruzzesi.

martedì 8 dicembre 2009

Tasse e tagli.

Non sono buone le notizie arrivate in questi ultimi giorni!


Tra Patto Stato-Regioni, Finanziaria e conti della sanità regionale, si annunciano, per noi cittadini, un ennesimo aggravio di tasse, di tagli e di disagi.

Il Patto Stato-Regioni per la salute del 3 dicembre, ha ribadito le penalizzazioni per le Regioni che presentino uno sbilancio economico che sul piano della tassazione qualcuno ha quantificato in un aggravio di IRAP ed IRPEF per i cittadini abruzzesi di circa 100 euro, ma che investirà anche i lavoratori della sanità in termini di contrazione del personale con la prevedibile conseguenza di una minore funzionalità e disponibilità dei servizi.

E non finisce qui. L’assessore Venturoni ci comunica che il disavanzo della sanità in regione persiste, malgrado il Piano di rientro e i tagli già effettuati.

Si fa riferimento ai problemi determinati dal terremoto che avrebbe, tra le altre cose, ridotto la mobilità in entrata di pazienti ed aumentata quella in uscita.

Sarà! Ma credo che i problemi siano altri.

A proposito di terremoto, fra l’altro si annuncia, se non interverranno cambiamenti, che gli aquilani torneranno presto a pagare tasse ed interessi per servizi inesistenti, per case distrutte, per attività produttive sospese al 6 aprile del terremoto.

Ma tornando alla sanità. Penso che a generare disavanzo ulteriore, sia stato ed è il modo in cui si è cercato di dare una cura al disavanzo. Sembrerà paradossale, ma…

Si sono avviati i tagli, e vero. Ma dove, ma come, di cosa?

Quando si avvia una razionalizzazione di servizi, di una produzione, in genere si opera una selezione finalizzata a ben delimitare cose da eliminare, ridurre, conservare, implementare.

E’ stato fatto?

A guardare non sembra.

Il sistema è rimasto sostanzialmente lo stesso di qualche anno fa, solo con qualche posto letto in meno e un bel po’ di personale (quello precario finito a zero euro e senza ammortizzatori e quello fuoriuscito e non ricoperto dai turnover) in meno nei servizi, con una notevole perdita, tra le altre cose, di professionalità alte.

Un sistema sostanzialmente ospedalocentrico, ma con difficoltà aumentate e qualità diminuita anche in quegli ambiti che esprimevano le performance migliori.

I servizi in grado di far fronte ai bisogni assistenziali legati alle condizioni di cronicità e di disabilità che costituiscono la domanda più rilevante e che più frequentemente determinano l’uso improprio dei servizi, soprattutto ospedalieri, non hanno avuto lo sviluppo necessario. Non a caso ai “tagli” di posti letto, ha corrisposto un aumento di pazienti parcheggiati nei corridoi dei reparti ospedalieri.

Ma soprattutto manca un controllo sulle attività che si basi su una verifica seria della loro appropriatezza, per cui le liste di attesa spesso sono determinate da tante prestazioni che potevano essere evitate.

In questa situazione quale attrattiva potrà avere il sistema Abruzzo per cittadini di altre regioni e come possono essere evitate le tentazioni alla fuga verso altre regioni degli abruzzesi?

Devo ammetterlo: è capitato anche a me di dare un “contributo”.

Ad un caro amico che, avendo bisogno di una TAC per un controllo in corso di terapie antiblastiche e che si vedeva prenotare l’esame a distanza di 4 mesi e fuori da tutti i tempi previsti dai protocolli terapeutici, ho vivamente consigliato di provare in un’altra regione. A Monza ha eseguito la sua TAC dopo quindici giorni!

A queste condizioni sarà dura uscire “dal fosso”, e allora…tasse e tagli, lacrime e sangue!

giovedì 3 dicembre 2009

Bisogni dei cittadini e sistema sanitario.

Appare banale, ciononostante non è scontato trovare un riscontro nella realtà: il sistema delle cure ha la sua ragione di esistere nella sua capacità di rispondere a bisogni reali correlati alla salute dei cittadini a cui si rivolge.

Sarà il caso allora di mettere insieme un po’ di dati che possano, se non definire in maniera perfetta i bisogni, aiutare a ragionare su di essi magari anche cercando di far proprie le esperienze di buone pratiche che in altre realtà sono state avviate. In questa pagina per esempio si segnala l'esperienza della ASL di Asti che ha effettuato una attenta monitorizzazione dei consumi sanitari in grado di definire bisogni, costi e risorse necessarie (vedi "buone pratiche").

Ad ogni modo uno dei determinanti principali della salute è l’età e la struttura demografica della popolazione fornisce sicuramente una indicazione importante nella lettura e nella previsione dei comportamenti di consumo sanitario. La popolazione ultrasessantacinquenne è quella che determina il maggior consumo di risorse sanitarie nel nostro Paese.

Secondo i dati forniti dall’ISTAT e relativi al 1° gennaio 2008, gli abruzzesi con 65 anni e più sono circa 282.000 abitanti, oltre il 21% della popolazione ed un indice di vecchiaia (il rapporto tra questa popolazione più anziana e i giovani fino a 14 anni) dei 161,84, secondo, nel meridione, solo al Molise.

L’associazione tra età e consumi sanitari è determinata ovviamente dall’evidenziarsi di problemi di salute, soprattutto relativi a condizioni di cronicità, ed all’insorgere conseguente di condizioni di disabilità.




Il tasso standardizzato consente di confrontare popolazioni aventi una struttura per età diversa. Il valore del tasso grezzo, infatti, dipende anche dalla struttura per età della popolazione, e non solo dal fenomeno in analisi. Per esempio, il tasso grezzo di disabilità (numero di persone disabili diviso popolazione) potrebbe essere più alto in alcune regioni a causa di una maggiore presenza di persone anziane. Il tasso standardizzato riconduce tutta la popolazione ad una stessa struttura per età, cosicché le differenze che si osservano fra le regioni non sono dovute al fattore età.